Finnegans Wake

James Joyce, in quest’ultima opera, scombina la formalità del linguaggio quotidiano mescolando diversi idiomi e creando un nuovo linguaggio capace di evocare immagini sonore e parlare direttamente all’inconscio. Un ‘nonsense’ pieno di significato, il linguaggio della notte, dei sogni, dell’inconscio, descritto come musica, come il più profondo libro antifascista prodotto tra le due guerre e come un meraviglioso gioco. Lui lo immaginò come una storia universale, la storia del mondo, la suprema sintesi del creato che si ripete ciclicamente. (tratto dall’introduzione del Finnegans Wake di Finn Fordham)

Performance per voce e violoncello

Elisa Ulian voce
Giovanni Maier
violoncello

Gli interpreti giocano con i suoni e le parole che vengono usate come strumenti che si spostano continuamente dal significante al significato per lasciar spazio al suono, alla vibrazione, alla parola, al verso, per poi ricominciare da capo.